Gli ultimi due anni di vita da invalido per un errore oltre che da malato terminale, ai familiari spetta un risarcimento
Morì da invalido per una biopsia sbagliata: ai familiari 800 mila euro di risarcimento. Era andato in ospedale ad Arezzo per alcune verifiche sul suo stato di salute già cagionevole per enfisema e osteoporosi ma per una serie di errori medici era rimasto invalido al 90% per poi morire dopo due anni. Ora gli eredi dovranno essere risarciti con circa 800 mila euro.
L’80enne nel febbraio del 2018 si era sottoposto ad alcune indagini mediche strumentali, mirate ad indagare su una recente insorgenza a livello dei polmoni, e gli era stata diagnostica, dai medici dell’ospedale San Donato di Arezzo, una neoplasia polmonare. A quel punto i sanitari del nosocomio lo avevano ricoverato nel reparto di pneumologia per sottoporlo ad ulteriori accertamenti. L’uomo subisce quindi un primo intervento di agobiopsia percutanea, per prelevare un campione dal polmone ai fini di analisi. Ma qualcosa non va per il verso giusto e l’anziano signore ha un arresto cardiocircolatorio e finisce in rianimazione. Per alcuni secondi il suo cervello non riceve ossigeno.
A maggio viene dimesso ma oltre al tumore al polmone a quel punto è anche invalido al 90%, e dopo circa due anni nel 2020 muore.
Nel procedimento giudiziario, in cui i familiari sono difesi dall’avvocato Andrea Santini, è emersa una responsabilità sanitaria non relativa al decesso, legato alla grave forma di neoplasia, ma relativa alle condizioni in cui ha dovuto vivere gli ultimi 2 anni della sua vita. Per il perito incaricato dal giudice Andrea Turturro del Tribunale di Arezzo, infatti, se l’agiobiopsia fosse stata eseguita correttamente, e se il paziente fosse stato monitorato in maniera adeguata, la possibilità di restare invalido sarebbe stata pari a zero. Inoltre, sempre secondo il Tribunale aretino, proprio perché il paziente soffriva di altre patologie sarebbe stato indicato svolgere gli accertamenti sul tumore al polmone attraverso altre pratiche meno invasive e pericolose per un uomo nelle sue condizioni.
Lapidarie in tal senso le conclusioni della sentenza di primo grado pubblicata nei giorni corsi: «In particolare, i familiari del paziente hanno provato il dolore di vedere il proprio parente nelle drammatiche condizioni di invalidità, oltre alla neoplasia, senza la possibilità di godere del rapporto affettivo nel corso dei suoi due ultimi anni di vita».
Alla vedova dell’81enne e ai due figli, l’azienda sanitaria Toscana sud est dovrà pagare circa 800 mila euro di danni morali e 49 mila euro di spese di lite. L’avvocato ha commentato a nome suo e dei suoi assistiti: «C’è grande soddisfazione per questo risultato giunto al termine di una lunga battaglia legale. È ancora una sentenza provvisoria, perché pur essendo immediatamente esecutiva, è appellabile». E per quanto riguarda i familiari ha aggiunto: «Non li ho ancora visti di persona, ci ho solo parlato per telefono e anche loro, ovviamente, sono soddisfatti, non tanto, e non soprattutto, per la cifra importante quanto per la vittoria morale, dopo le sofferenze subite dal loro caro e da loro che lo hanno assistito». Queste le decisioni al termine del primo rgado di giudizio.
(Fonte Corriere Fiorentino)