Fungo magico

Così Vanessa Simonini muore due volte, il suo assassino tornato in libertà ha aggredito ancora donne

Nel 2009 Vanessa Simonini aveva vent’anni. Aveva la vita piena di sogni, di possibilità, di domande ancora in attesa di risposta. È stata strangolata da un uomo che si era invaghito di lei, Simone Baroncini, che non ha tollerato il rifiuto, che ha scelto la via più vile e definitiva: toglierle la voce. Per sempre. L’assassino di Vanessa è stato scarcerato nel 2022. È tornato a piede libero, a lavorare, a mangiare la pizza, ad andare al mare. Oggi, quell’uomo è di nuovo sotto accusa. È tornato nelle cronache per aver aggredito almeno tre donne a Pisa, pungendole con una siringa in pieno centro, tra settembre 2024 e gennaio 2025. Siringhe. Dolore improvviso, invisibile, che arriva da dietro. Lo stesso meccanismo, lo stesso modo subdolo di colpire. Alle spalle. Senza un volto, senza un perché. Ma con una firma chiara: quella della violenza.
Dov’è la giustizia? Nel 2022, lo ribadisco, Baroncini è tornato libero, dopo appena 13 anni dall’assassinio. Aveva ucciso. Aveva confessato. Aveva scontato la pena. Sedici anni, per una vita spezzata. “Come può la vita di mia figlia valere così poco?”. La madre di Vanessa, Maria Grazia, ha dovuto scoprire dalla stampa che l’assassino di sua figlia era di nuovo libero. E ora, di nuovo arrestato. Di nuovo per violenza. Di nuovo per aver fatto del corpo altrui un bersaglio. Quanto deve durare la paura, perché la legge capisca che la recidiva è reale, tangibile, drammaticamente prevedibile? La liberazione di Baroncini non è solo una sconfitta giudiziaria. È una ferita alla memoria di Vanessa. È un’offesa alla fiducia che ogni cittadino dovrebbe poter riporre nello Stato. Chi ha stabilito che quell’uomo fosse pronto a tornare libero, oggi dovrà fare i conti con le nuove vittime, con lo sguardo straziato di una madre che da anni non ha più voce, e che oggi, di nuovo, sente tremare la terra sotto i piedi. E Vanessa, oggi, la sua memoria, viene uccisa una seconda volta. Ma questa volta, non per mano di un uomo solo, bensì per colpa di un intero sistema che ha deciso di abbassare la guardia, che ha rimesso in libertà un uomo con gravi problemi clinici, pericoloso, aggressivo. Senza tutele, senza sostegni, senza attenzione. Vogliamo capire. Perché non c’è emancipazione dagli errori senza consapevolezza.