Da donna diventa uomo e viene licenziato dall’azienda in cui lavora da anni per le troppe assenze dovute ai vari interventi. Ma il Tribunale di Brescia ne ordina il reintegro e condanna la ditta anche a pagargli 18 mensilità di indennizzo: “Licenziamento discriminatorio indiretto e quindi illegittimo”. Per il giudice Elda Geraci del Tribunale bresciano, infatti, i mesi in cui il transessuale si è dovuto assentrare per sottporsi ai delicati interventi per il cambio di genere, non possono far parte del computo totale delle assenze, e quindi il limite massimo dei 180 giorni non sono stati raggiunti. L’uomo, assunto dal 2009, si occupava delle pulizia di un supermercato della provincia di Brescia per conto della ditta, e aveva accumulato 193 giorni di assenze, e a gennaio del 2023 era stato licenziato. Dalla corposa documentazione medica però è emerso chiaramente, agli occhi del giudice bresciano, che gli interventi per passare da donna a uomo sono tutti molto delicati e complessi e necessitano di cure e convalescenza molto più lunga rispetto a quando avviene il passaggio cntrario, cioè da uomo a donna. Si legge in sentenza: “Va al riguardo rilevato che la disforia di genere può determinare un complesso percorso, personale e medico, per l’adeguamento dei caratteri sessuali, cui la persona decida di sottoporsi per vincere il profondo malessere vissuto, non riconoscendosi nel genere assegnatogli alla nascita e ai fini dell’affermazione della propria identità di genere”. La discriminazione così realizzata indirettamente comporta la nullità del licenziamento comunicato al dipendente in data 30 gennaio 2023. L’uomo può tornare a lavorare.