De Clizibus

Le chat di Fratelli d’Italia sono solo lo specchio del Governo guidato da Giorgia Meloni

Clizia De Rossi
Mentre i partiti di maggioranza si ostinano a ostentare pubblicamente unità e intesa, dalle chat segrete del partito di Meloni pubblicate dal giornalista del Fatto Quotidiano Giacomo Salvini nel suo nuovo libro intitolato “Fratelli di chat”, è emersa una realtà a vetriolo tutt’altro che idilliaca dalla quale si evince che oltre ad essere dilaniati da faide interne (emerse ad esempio anche per la nomina del nuovo ministro alla cultura Giuli dopo lo scandalo Sangiuliano) i meloniani sono sempre più insofferenti ai loro alleati di governo! Fatta eccezione per gli elogi a Mussolini e al fascismo, sono emersi solo e soltanto insulti infamanti tra lo sconcertante e l’esilarante: contro Berlusconi e la sua famiglia, contro Giorgetti (attuale ministro delle finanze) ma soprattutto contro il leader della Lega Matteo Salvini per il quale evidentemente nutrono tutt’altro che stima e rispetto. La premier stessa scrive testualmente “Dopo due anni con lui (inteso al ministero dei trasporti) pensavo saremmo tornati al dorso di mulo e invece se non altro ci sono ancora i treni…». E poi, dopo averlo definito fra le altre cose anche “il migliore leccaculo che dovrebbe andare a nascondersi”, la seguono a ruota tutti gli altri che lo apostrofano con nomignoli e cattiverie più svariate: “ministro bimbominkia di un partito senza onore “, “un cialtrone ridicolo”, “un gonfio disadattato”, “un poveretto incapace”, e chi più ne ha più metta.
Poi però è emerso a poco a poco uno scenario sempre più inquietante che non ha più nulla di comico ma resta solo e unicamente tragico: odio, violenza verbale, sospetto reciproco, sete di vendetta e soprattutto paura, tanta paura non solo di avversari politici, ma anche di esponenti della società civile che ogni giorno ci mettono la faccia per divulgare i loro continui errori, abusi, scandali, bugie e la loro totale incapacità di governare. È questo il caso delle parole vergognose indirizzate a Roberto Saviano, un intellettuale, un eroe nazionale che ha rinunciato alla propria libertà e rischia ogni giorno la propria vita per aver denunciato la criminalità organizzata e le sue infiltrazioni nel tessuto sociale e politico del nostro Paese, un gigante che temono ancor più della magistratura, tanto da parlarne segretamente come un nemico da castigare e silenziare in vero stampo camorristico. “Saviano va punito, fa schifo” scrive niente meno che Guido Crosetto, ministro della difesa al quale fa eco la Presidentessa del Consiglio “Io domani esco con una palata di letame contro Saviano”, e giù applausi scroscianti da tutti i fedelissimi presenti nella chat al grido di “infame”, “dovrebbero buttare via la chiave” e improperi vari legati alla sua condanna per diffamazione.

Da tutta questa storia è emerso il quadro inquietante di una classe politica biliosa, priva di morale e di senso delle istituzioni che conosce solo il linguaggio della sopraffazione, il disprezzo per la libertà di stampa e di parola; una destra nostalgica intollerante al dissenso che in barba a qualsivoglia principio democratico mira ad eliminare nemici e giornalisti non allineati attraverso ricatti e infimi mezzucci in perfetto stile ventennio.